La satira e la critica sociale sono come due coinquilini in un monolocale troppo piccolo: si pestano i piedi, condividono le stesse stoviglie, ma guai a confonderli. Eppure, da fuori, sembrano la stessa persona: parlano di ingiustizie, prendono in giro i potenti, e fanno quella risatina amara che ti viene solo quando il mutuo sale e i diritti scendono.

Satira: la cugina disinibita della critica

La satira non ha il filtro. Dice le cose come stanno, o meglio, come stanno ma con il naso di Pinocchio. Esagera, storpia, spinge l’assurdo al massimo. È quella che a cena dice: “Il re è nudo!” e poi aggiunge pure che ha la cellulite. Non cerca soluzioni: ti sbatte in faccia il problema e poi se ne va ridendo. Se potesse, la satira si tatuerebbe sul braccio “non sono qui per aiutare, ma per disturbare”.

La critica sociale, invece, è più posata. Studia, argomenta, s’indigna in modo compostissimo. È quella che prende appunti, fa grafici, scrive lettere indignate ai giornali. Dove la satira urla “Idioti!”, la critica dice: “C’è un problema strutturale nel sistema”. Entrambe vogliono cambiare il mondo, ma una lo fa con le bombe di vernice, l’altra con le slide di PowerPoint.

E dove sta il confine?

Da nessuna parte. È un miraggio. Il confine tra satira e critica sociale è come quello tra un vestito elegante e uno “casual-chic”: nessuno sa dove finisca uno e inizi l’altro, ma se sbagli outfit, ti giudicano tutti.

Scrivi una battuta: sei satirico. Aggiungi una riflessione: diventi critico sociale. Esagera troppo: sei offensivo. Sei troppo morbido: sei noioso. È una danza, e sei costantemente a rischio di pestare i piedi a qualcuno, soprattutto se indossa sandali di vetro e sensibilità d’argilla.

Ma quindi, si può ancora fare satira?

Certo. Basta non avere paura di essere fraintesi. O denunciati. O cancellati da internet. In un mondo in cui tutti hanno una tastiera e una bandiera da difendere, fare satira è come giocare a freccette in una cristalleria bendati: o hai talento, o ti arrestano.

La satira, se ben fatta, colpisce nel segno. Se male fatta, colpisce chi l’ha scritta. Ma in entrambi i casi, è un atto di coraggio. E di solito, chi se la prende con la satira, è proprio quello che ne avrebbe più bisogno.


Conclusione?

Satira e critica sociale sono due strumenti indispensabili per non prenderci troppo sul serio mentre il mondo va a fuoco. Uno ci fa ridere, l’altro ci fa pensare. A volte, fortunatamente, fanno entrambe le cose insieme.

E ora scusate, vado a scrivere una battuta sul capitalismo mentre mi riscaldo la cena nel microonde pagata a rate.


«La satira è una controaggressione che risponde allo smacco del Potere con uno sghignazzo che non può essere elegante». Dario Fo


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